L'enigma dello zodiaco by Iacopo Cellini

L'enigma dello zodiaco by Iacopo Cellini

autore:Iacopo Cellini [Cellini, Iacopo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Newton Compton editori
pubblicato: 2023-05-15T22:00:00+00:00


Avrei voluto urlare di gioia ma proprio in quel momento vidi con la coda dell’occhio la sagoma austera dell’ispettore capo che si dirigeva a larghe falcate verso la mia posizione. Probabilmente aveva notato il mio armeggiare sospetto e stava venendo a sincerarsi che non stessi facendo niente che potesse inquinare le prove presenti sulla scena del crimine. Trattenni la mia felicità e, ostentando per quanto mi fosse possibile un atteggiamento di nonchalance, presi la macchina fotografica che avevo posato accanto al manufatto e mi misi a immortalare l’immagine dell’enigma rivelato, facendo finta che il vassoio fosse sempre stato in quello stato. Appena Fusco mi raggiunse mi osservò in silenzio per qualche secondo poi, dopo avermi lanciato un’ultima occhiata indagatrice, tornò ad analizzare il corpo senza vita della negoziante.

Il giorno seguente mi recai nel ripostiglio di Sibilla prima del solito. Ero impaziente di farle vedere la fotografia dell’enigma dei Pesci e soprattutto non vedevo l’ora di spiegarle il processo che mi aveva permesso di far comparire l’immagine rivelatoria. Tuttavia, proprio come la settimana precedente, Sibilla non era da sola, bensì in compagnia dell’ispettore Fusco, ed esattamente come in quell’occasione sul suo volto era disegnata un’espressione raggiante. Non c’era bisogno che mi spiegasse come mai fosse tanto contenta. Almeno per quella volta, non avrei avuto l’occasione di mostrarle i risultati che avevo ottenuto durante il sopralluogo.

«“La Stella”… un nome veramente curioso per un orfanotrofio. Credo che l’intento dietro la scelta di questo nome fosse quello di conferire all’istituto un aspetto accogliente e rassicurante, soprattutto per i bambini che abitavano al suo interno. Chissà se ha funzionato».

L’ispettore Fusco se ne stava piantato sotto l’arcuata insegna a guardia del cancello d’ingresso, la testa reclinata verso l’alto a osservare la grande scritta a caratteri cubitali. Il giocoso stampatello che era stato utilizzato per imprimere la tranquillizzante denominazione dell’orfanotrofio stonava vistosamente con lo stato di incuria in cui il cartello, a giudicare dalle numerose chiazze di umidità e di fori di tarlo che ne martoriavano il legno, doveva versare ormai da diversi anni, e che aveva reso le grosse lettere sbiadite e difficilmente leggibili. Lo scenario che si stagliava dietro le maestose inferriate di ferro arrugginito non era da meno. Gli spazi tra le lunghe sbarre lasciavano intravedere un giardino abbandonato infestato da erbacce di ogni tipo, circondato tutto intorno da un austero edificio decadente a forma di ferro di cavallo, le cui mura erano avviluppate da dilaganti piante rampicanti e macchiate qua e là da chiazze di intonaco scrostato. Tutto, in quel luogo, suggeriva un passato vitale ma al tempo stesso disciplinato, dinamico nella sua rigorosa metodicità, di cui adesso non era rimasto altro che uno scolorito ricordo impresso a tinte fosche nelle sue fatiscenti, decrepite vestigia.

Il solito terzetto composto da me, Sibilla e l’ispettore capo era in attesa della persona che avrebbe dovuto accompagnarci all’interno del brefotrofio in disuso. L’unica cosa che sapevamo di lui era che aveva lavorato dentro l’istituto come bidello per circa due anni, prima che l’istituto chiudesse definitivamente i battenti



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